TRANSFARAOKE (daffodils are 50% human) -> ballo mutante telepaticX è una ricerca che si manifesta come cosa ibrida tra karaoke, rituale di possessione, piece di danza, festa, video, meditazione guidata e altro non definito. É una riflessione sulla connessione tra realtà (umana, animale, vegetale, minerale, virtuale, extraterrestre, telepatica, onirica) che compongono la materia vibrante nella quale siamo immers* e di cui formiamo parte, intendendo la materia non come ciò che separa e distingue le cose, ma come ciò che ne consente l’incontro e la mescolanza. Il progetto, che sgorga da un interesse per i rituali contemporanei e dalla fascinazione verso l’idea di trasformazione, è un mostro che si alimenta di fisica, biologia, esoterismo, fantascienza e letterature femministe, si serve di strumenti popolari e di mezzi moderatamente tecnologici e diffusi, per incarnarsi senza smettere di mutare, nella necessità di ripensare il nostro agire e le nostre storie. Tutto è iniziato da un appunto sul quaderno: “ho sognato di essere un alien* e di organizzare karaoke popolari sul pianeta terra, party casalinghi per muovere pupille, corde vocali, culi, gambe, foglie, coscienze. scrivevo testi pieni di banalità in cui riversavo intelligenza aliena che dallo schermo entrava nell’umanità accompagnandola senza sforzo a sfiorare un’altra dimensione.” Lo spirito della ricerca è magmatico, tentacolare come il movimento dei corpi che lo incarnano, come le vene, come le strade e i fiumi nella geografia fluorescente di un pianeta X.
Si è formata, trasformata e deformata tra Italia e Spagna, studiando arti visive e danza. Nel corso della sua formazione, mai conclusa, ha incontrato/attraversato/abitato le pratiche performative di differenti artist* come La Ribot, Vera Mantero, Elena Cordoba, Olga Mesa, Xavier Leroy, Paz Rojo, Camille Hanson, Ester Ferrer, Juan Loriente, Matar Zamir, Silvia Calderoni/Ilenia Caleo, Claude Coldy, Raffaella Giordano, Doriana Crema, Giorgio Rossi, Motus, Marigia Maggipinto, Kinkaleri, Cesare Petroiusti, Matthew Barney. Presenta la sua ricerca in spazi non convenzionali, in ambito performativo, con linguaggi ibridi tra video, fotografia, suono, performance, linguaggio coreografico e installazioni, riflettendo sulle connessioni tra intimità, visione, trasformazione, vulnerabilità da una prospettiva femminista/transfemminista/queer. La sua ricerca è spesso ironica, caotica, ibrida, misteriosa, sudata, inquietante, collaborativa.
*Vorrebbe essere un fungo, un rospo, una sostanza chimica che produca allucinazioni*.